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Dall’ incontro di due menti creative non poteva che nascere solo qualcosa di bello. Vi ripropongo un testo scritto l’ anno scorso con accanto l’ illustrazione della mia amica Chiaara Lo Piccolo.
Dialoghi con l’ Amore e la Morte
– Ma tu cosa vedi in lei?
– Hai presente quando ti alzi la mattina presto perché non puoi dormire e ti affacci alla finestra e ti lasci inondare dall’ aria fresca, dalla luce dell’ alba? Ecco questo vedo in lei.Hai presente la sera il sole ormai stanco cede il posto alla luna ma si lascia ancora alle spalle una scia incandescente, sinfonia di colori dal violaceo al blu? Ecco questo vedo in lei.Hai presente quando assisti ai fuochi d’ artificio e si avvicina il gran finale, quando il cuore comincia a pompare sangue alla testa difronte a tutti quei colori e il tuo battito si sincronizza con i colpi che uno dietro l’altro ti arrivano a scuotere tutto il corpo.?Ecco questo vedo in lei
– Aaaah! Ma allora e’semplice: sei innamorato. Passera’ prima o poi. Per il momento sei come l’ubriaco sotto l’effetto di un buon vino.Ma l’ amore finira’.Finirai tu, essere mortale.Finirà lei.
– Si certo. Ma anche quando tutto passerà, lei sarà sempre lì, come l’odore di zagara a primavera, come il giorno che segue alla notte. Ci sarà sempre. Mi sembrerà di scorgerla tra occhi sconosciuti lungo la strada, tra miei pensieri prima di prendere sonno e come un rumore di fondo sarà mia compagna, sconfiggera’ il tempo e la paura della morte.Nulla finisce. Tutto si trasforma.Per ora vivo e lo faccio a modo mio.Tu sarai pure un bell’ inganno, un abile giocatore, truffatore forse, perché conosci le debolezze degli uomini e da principio vedi tutte le carte, ma senza di te che vita sarebbe?A presto.
– Alla prossima.
– Ritornerai?
– Troverò il modo e il momento.In fondo io e la morte abbiamo una cosa in. comune: arriviamo quando meno te lo aspetti.
Pino Mignano – 24 aprile 2018
Un piccolo omaggio ai miei amici di Sferracavallo…
Ho
avuto l’ onore di avere in anteprima questo libro scritto da Francesca
Piazza, ma ho aspettato che fosse presentato al publico prima di
postare la mia recensione. Vi invito a comprarlo , a leggerelo, ad
innamorarvi di Lucia e del suo mondo. La cercherete per strada tra occhi
sconosciuti, amerete Palermo e la Sicilia.
E alla fine forse ritroverete un pò di voi stessi….
” La pioggia dopo lo scirocco è la storia di Lucia, ragazza nata e cresciuta in un paesino siciliano intorno agli anni 50. E’ la storia di un cambiamento, un passaggio che gradualmente porta la protagonista a stravolgere il modo in cui guardare a questo mondo. Il libro è un tuffo nella Sicilia di altri tempi, fatta di unomini d’ onore, di segnali, di sguardi, di mezze parole. Lo scirocco di per se porta sempre novità, questo vento caldo proveniente da sud-est che quando tocca il suolo mescola polvere e pensieri, ti invita a fermarti e a riflettere. Ma è l’ acqua, la pioggia dopo lo scirocco, che purificando, porta a vita nuova. Ma non senza conseguenze.
Ci sono percorsi (ognuno ha il
suo) che sono stati delineati da Qualcuno. Spesso è il dolore che ci
accompagna, a volte l’ amore, spesso l’ illusione e, peggio ancora, la
disillusione. Alla nascita ci viene consegnato il nostro libro, ma non
ci viene permesso di leggerlo tutto ad un fiato, ma pagina per pagina,
giorno dopo giorno. Possiamo fare dei giri immensi, possiamo amare nei
modi più disparati, cambiare strada e poi tornare sui nostri passi, ma
tutto va per come deve andare, perchè è cosi che doveva andare.
Nessuno su questa terra è peccatore: tutti abbiamo un ruolo assegnato e
agiamo in funzione di quel ruolo. Non ci è dato nemmeno conoscere il
fine ultimo, neanche quello. Ci perdiamo, assaliti da dubbi, successioni
di “se” e di “ma” che tormentano l’ esistenza ma che allo stesso tempo
fungono da trampolino per la fase successiva. Le emozioni, che hanno il
potere di bypassare la ragione, vanno vissute, perchè sono quelle a
guidarci anche se spesso ci confondono, anche se molto spesso ci fanno
sbagliare strada; sono come animali selvaggi: non le puoi domare, come i
lupi, seguono il loro istinto.
Trovare il giusto compromesso tra
mente e cuore è difficilissimo, ma è in questa ” lotta” interiore che
ogni individuo trova la propria strada.
C’e’ un filo rosso che lega
le persone che incontriamo ( secondo un antica credenza giapponese). In
realtà questo filo rosso non è altro che quel pezzo di strada che si
percorre assieme alle persone che incrociamo lungo il nostro cammino,
storie che si intrecciano, si spezzano, ritornano, anche se ci
ritroviamo da soli a scegliere quale strada seguire.
Lucia, Lorenzo,
Giulio, Costantino, sono peronaggi veri, reali, in eterna lotta tra
quello che sentono e quello che la società ha loro imposto. Si sentono
liberi solo quando trovano qualcuno in compagnia del quale non hanno
bisogno di maschere da indossare e possono rivelarsi in tutta la loro
natura.
Infondo è questa la vera libertà.”
Pino Mignano
La bellezza della mia passione, la fotografia, sta nella possibilità che ti viene data di catture emozioni e di trasmetterle. Giulia, Giusto, piccolo Matteo, voi di emozioni ne avete regalate tante in questo giorno e la cosa più bella è che le avete vissute nello stesso tempo, attimo per attimo, momento dopo momento.
Questo è il mio regalo per voi…
Una chiesa Madre gremita saluta padre Vincenzo Ambrogio che lascia la parrocchia per ritirarsi nel suo paese, Giuliana. In tanti hanno voluto essere presenti e manifestare il proprio affetto verso questo parroco umile, al servizio dei fedeli, che dopo 15 anni va via da Carini.
Ecco le foto…
“Sai.. il prossimo anno mi sposo.
Mi piacerebbe qualche tuo scatto.
Se puoi…”
Mi sa che quel giorno è arrivato…
E’
il 2004, ultimo dell’ anno. Intorno a mezzogiorno un forte giro di
testa mi costringe ad abbandonare il lavoro e a recarmi all’ ospedale.
Dal pronto soccorso di Carini mi inviano all’ ospedale Cervello di
Palermo. Mi parlano di situazione da tenere sotto controllo, di esami da
fare: con il cuore non si scherza. Niente di grave, sarà lo stress
lavorativo di quei giorni di festa, ma comunque devo
essere ricoverato. E così passo la vigilia del nuovo anno per la prima
volta lontano dai miei cari e dalla mia Giulia di appena due anni. Alla
mezzanotte, mentre tutti festeggiano, una tristezza mi pervade lungo i
corridoi del Cervello. Non riesco a stare a letto: dalle vetrate che
danno sull’ autostrada, attirato dai fuochi d’ artificio, vedo e rivedo
la giornata. A quell’ ora avrei dovuto essere a casa a brindare, a
coccolare mia figlia, a fare festa. Mi consola il fatto che tutto
sommato poteva succedermi qualcosa di più grave e che tanti in corsia
avrebbero pure loro voluto essere a casa con i propri cari.
Passo
le successive settimane tra esami diagnostici e prelievi. Mi abituo ben
presto alla vita e ai ritmi dell’ ospedale, mentre ripenso spesso che la
vita, fuori, sta facendo il suo corso anche senza di me. Mi fa
compagnia un timido freddo sole di gennaio che mi ristora e mi porta
speranza.
Una delle cose che non manca quando sei in ospedale è il
tempo, tanto tempo a disposizione, cosa che nella vita di ogni giorno è
misurato, organizzato, programmato.
Ancora gli smartphone non
avevano fatto il loro “debutto” in società. Molti miei vicini di letto
leggevano, alcuni facevano cruciverba. Un signore sulla novantina invece
stranamente teneva in mano il manuale di una tastiera Yamaha.
Incuriosito, scopro che non vedeva l’ ora di uscire dall’ ospedale per
andarla a suonare: aveva speso più di 1000 euro( tramite un prestito,
visto che la sua pensione non glielo permetteva) per ritornare a
suonare, visto che un artrite non gli consetiva di tenere in mano la sua
fisarmonica, compagna di una vita. Quando lo raccontava aveva gli occhi
lucidi come un ragazzino a cui hanno fatto un regalo e non vede l’ ora
di scartarlo.
Mi meravigliava che un signore cosi anziano avesse ancora tanta voglia di imparare, tanta voglia di vivere.
Nella sala dì aspetto, avevo per caso letto di un associazione di
volontari, che era riuscita a creare all’ interno del’ ospedale un
piccola biblioteca, volumi che potevano essere presi in prestito dai
degenti e restituiti alla fine del ricovero. Non avevo mai avuto tempo
di leggere, ma lì di tempo, come dicevo, ne avevo tanto.
Mi
presento all’ addetta, una bella signora sulla cinquantina ma molto
giovanile. Con voce garbata e con modi gentili mi spiega come funziona
il prestito e, dopo una veloce acquisizione dei miei dati, mi invita a
scegliere un libro tra quelli disponibili. Il mio occhio non era
allenato, non conoscevo nessuno degli autori, ma dovevo sceglierne uno
giusto per non fare brutta figura.
Tra i tanti si pone davanti a me
un libricino, copertina ruvida, scura. Il titolo non mi dice niente, ma
l’ autore ha un nome conoscente: Andrea Camilleri.
Ne avevo sentito
parlare in tv. Sapevo che era siciliano e che scriveva utilizzando
anche termini siciliani; piacevole da leggere, insomma.
Parlava di un commissario, Montalabano, alle prese con un caso abbastanza intrigato.
Feci mio quel libro.
Mi ci buttai subito.
Più leggevo e più volevo sapere come andava a finire.
In un giorno lo lessi tutto.
Rimasi colpito : non immaginavo si potesse scrivere in questo modo,
evocando attraverso lettere disposte una dietro l’ altra, luoghi,
situazioni, sensualità, odori.
In un passaggio, che racconto sempre ,
Montalbano era alle prese con un piatto di pasta con le sarde. Da
quella descrizione, dal quel paragrafo mi sembrava quasi sentire l’
odore di un piatto di bucatini con le sarde uscire dal libro. Non lo
feci , ma mi venne l’ istinto di annusare il libro.
Caro
maestro oggi alla notizia della tua morte ho postato una breve
riflessione, come hanno fatto in tanti sull’ onda emotiva, ma sentivo di
doverti ringraziare a modo mio.
Grazie per avermi avviato al piacere della lettura.
Grazie per avermi fatto compagnia in quei giorni di ospedale.
Grazie per avermi insegnato a guardare a questo mondo con gli occhi
lucidi di quel vecchietto che non vedeva l’ ora di imparare a suonare la
sua tastiera.
Pino Mignano – 17 luglio 2019