La zia Rosa.
Un caldo luglio a tratti davvero afoso ha lasciato il posto ad agosto.
Ormai l’ estate è giunta al capolinea. Presto darà i suoi ultimi colpi,
presto i bagni a mare, le corse con le bici, il tentativo di costruire
quella casa sull’albero con le foglie raccolte dall’ albero di pere,
saranno solo ricordi. Settembre è ormai vicino e tutto tornerà alla
normalità. Gli ultimi giorni di villeggiatura però, in quel villino
costruito, su un pezzo di roccia con una vista panoramica sul golfo di
Carini, sono quelli più belli, quelli che in seguito costituiranno un
bagaglio di ricordi da sommare agli altri, già in fila, destinati a
colorare la mia infanzia. E’ giunto l’ ora di di fare “le bottiglie”, un
rito che ogni anno sa di fatica e di sudore, ma che regala nello stesso
tempo momenti di gioia e di spensieratezza. Fare le bottiglie o meglio
realizzare le conserve di pomodoro era ed è un doveroso omaggio all’
estate e alla nostra terra: i pomodori ormai maturi, vengono lavati,
cucinati rigorosamente nella ” quarara” e messi in bottiglie di vetro,
poi a bagnomaria. Serviranno per l’ inverno, quando faranno da
condimento essenziale per pasta e ragù.
A noi da piccoli era
consentito solo ” pinnare” il basilico, basilico che era stato seminato
alcune settimane prima da mio nonno in grande quantità e che adesso
andava infilato foglia a foglia dentro le bottiglie per dare aroma alla
salsa di pomodoro. Crescendo potevamo accedere al reparto ”
spiricuddamento” e lavatura. Se la prima fase era un pò noisa la seconda
era veramente una grande festa perchè permetteva di “zampatiare” con le
mani ammollo e di poter schizzare acqua in faccia . Il compito di
miscelare la salsa all’ interno della quarara per non farla ”
appigghiari” spettava quasi sempre a mio nonno ma raramente anche a mia
nonna che dava il cambio, i quali per coprirsi dal sole cocente si
mettevano in testa cappelli di paglia o pezze di fortuna. Nel nostro
immaginario di bambini, visti da lontano, sembravano stregoni intenti a
preparare pozioni magiche. Altro che pozioni: crescendo quel ruolo passò
a noi e comprendemmo che questa era davvero la parte più pericolosa e
stancante di tutta la procedura: tra il sole e il fuoco acceso,
alimentato da grossi tronchi, c’ era poco da scherzare, il calore era
insopportabile. Seguiva poi l’ imbottigliamento, la bagnomaria e la
sistemazione delle casse pronte per essere trasportate in magazzino.
Un parte del pomodoro cucinato veniva invece steso sugli ” scannatura” e messo ad ascigare al sole.
Serviva a realizzare l’ estratto di pomodoro( u strattu ), un
concentrato dal sapore pungente se assaggiato crudo, un ingredente
indispensabile in ogni buona cucina carinese.
Ma il momento clou
dell’ estate arrivava quando mia madre dava il solenne annuncio:” Domani
viene la zia Rosa a fare le bottiglie”. E per noi significava una sola
cosa: divertimento.
La zia Rosa, sorella di mia nonna materna ma
anche di mio nonno paterno, nonchè sorella di Vito Mignano del bar
Mignano, ogni anno si trasferiva per due giorni in campagna da noi per
preparare a sua volta le conserve di pomodoro . Ciò significava per noi
due giorni di festa, due giorni di grigliate, due giorni di pane
pomodoro e risate. Una di quelle cose che col tempo sanno di
spensieratezza e nostalgia.
Ieri sera si è spenta a poco più novantanni la zia Rosa, ultima di 14 figli. Con la sua dipartita si chiude una generazione della nostra famiglia.
Con lei se ne va un pezzo della mia infanzia,
con lei se ne va un pezzo del mio cuore.
Pino Mignano – 05 aprile 2020
www.pinomignano.com